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Visualizzazione dei post da giugno, 2011

Il gatto e il topo

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Nella mia casa leccese, vivono un gatto e un criceto. Li osservo a lungo, mentre il primo fissa immobile il secondo, sempre in gabbia. Questo istinto cacciatore mi mette angoscia e rabbia: non può essere solo per un topo bianco tutto questo sovrappiù di pietà, mi dico. E collego: penso agli uomini-gatto e a quelli-topo; a chi è sempre a caccia e a chi è eternamente braccato. In comune hanno che entrambi sono drasticamente soli. E le solitudini si assomigliano tutte, almeno un po'.

Il sesso (io senza me)

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"Solo quando dormo poco, sono capace di pensieri coraggiosi: perché?". Me lo chiedevo stamattina, al bar, mentre con la coda dell'occhio, scrutavo una coppia sulla quarantina ordinare "cappuccini-e-cornetti-alla-crema-e-crema-e-mele": lei sorridente e con la testa occupata; lui belloccio e altrove. Li guardo: sono piacevoli. Una coppia di corpi al risveglio: corpi che ancora hanno qualcosa da dirsi, mi dico mentre bevo il mio caffè molto macchiato. Sola. Guardo gli altri che, come la "mia" coppia, attraversano lo stesso passaggio mattutino: stanno per essere ma ancora non sono, e trovo che quei minuti, i primi del loro quotidiano stare al mondo, siano i più sensuali, e sciolti, armoniosi e meravigliosamente senza controllo, di tutto il tempo che verrà dopo.

Mia nonna

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Quando mia nonna decise di venire a vivere con noi, io non ne fui felice. Non stava già bene e mi faceva paura la prossimità con la malattia: avevo 12 anni. Divenni molto aggressiva con lei: mi ribellavo alla sua fine, a quell'attesa sofferente, a quella promessa di vuoto a venire. Soprattutto, la sua vita dolorante scombussolava la mia idea di morte, l'unica che avessi sperimentato fino allora: all'epoca, per me la fine era qualcosa di repentino, un trauma che certo non aveva bisogno di annunciarsi, come uno che si chiude la porta alle spalle e va via senza voltarsi. Quello era stato mio padre, 3 anni prima.

"Alzati che si sta alzando la canzone popolare"

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  Diceva Georges Bataille, “La messa a morte del re è la più grande affermazione della sovranità”. E dal momento che in politica si può morire in molti modi (pur rimanendo vivi) e che la sovranità è una categoria che andrebbe “smontata” semanticamente, più che di regicidio – oggi – possiamo parlare di sostituzione: di un soggetto in crisi di sovranità – la classe politica – con un altro che fino a ieri appariva semi-dormiente, apatico, “senza testa”: i cittadini. Milioni di cittadini, più precisamente: che, sì, sarebbero potuti andare al mare come invitava a fare il governo; per i quali, è vero, sarebbe stato più naturale e semplice fare spallucce al solito (rassicurante) pensiero qualunquista, “tanto va tutto a puttane come sempre”; ma che, invece, hanno scelto l’esercizio della sovranità senza intermediari, hanno detto finalmente sì a un diritto che da sedici anni era stato di fatto svuotato e hanno deciso attraverso il ricorso a uno strumento di “democrazia diretta” come i ref

A occhi alti

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Tanto tempo fa, mi capitava di camminare per strada, facendo lunghi chilometri a piedi. Allora, ero ancora in Puglia e lì non è come in città: nei paesi, esiste l'idea che solo quelli un po' matti girovagano senza sosta né meta. Me lo disse, un giorno, in dialetto anche mia madre: "Ma camini comu li pacci?". Oggi so di aver deciso, in quel preciso momento, che da quel posto che amavo molto, sarei dovuta andar via.

La libertà non è star sopra un albero (a proposito di Santoro)

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Finalmente Michele Santoro è fuori dal servizio pubblico e il giovedì, potrò stordirmi – senza fastidiosi sensi di colpa – con la mia serie tv preferita, “The disperate housewives” che, con perfetta sincronia, la terza rete mandava in onda da alcuni mesi a questa parte. Mi mancava il Santoro che se ne “fotte”, e che – sempre fottendosene – non resta dove non è voluto, non continua a cercare le parole più adatte per mandarla a dire e non indulge a spiegazioni verbose alla ricerca di un compromesso impossibile. Impossibile perché l’esercizio del sacrosanto diritto di critica – sacrosanto per ciascun uomo libero, indipendentemente da quale parte politica voti – diventa premessa indispensabile allo svolgimento della professione giornalistica: perché in assenza di questa condizione, tecnicamente, non sei giornalista ma – nell’ordine – portavoce, portaborse, addetto stampa, portantino, assistente alla regia. Altro, insomma.

Il corpo

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L'altro giorno, in treno, mentre mi godevo la stanchezza per la notte insonne e ragionavo sulla bellezza dello stare al mondo senza, per questo, essere sempre presenti a se stessi, ho visto sfilare per il corridoio, stretto tra le due file di sedili, una madre e una figlia. Si somigliavano molto: stessa paura della realtà, che le faceva muovere con accortezza; identico sguardo un po' perso, di chi vive difendendosi continuamente. Si muovevano con circospezione, attente a non sporcarsi, a scansare gli ostacoli, le persone, il mondo che viaggiava su quello stesso treno. Tutte e due  senza colore, diafane, esili: la figlia, in questo, superava la madre. Era un filo d'erba, con due gambe e due braccia che sembravano non avere spessore. Era ammalata, anoressica.