Il gatto e il topo

Nella mia casa leccese, vivono un gatto e un criceto. Li osservo a lungo, mentre il primo fissa immobile il secondo, sempre in gabbia. Questo istinto cacciatore mi mette angoscia e rabbia: non può essere solo per un topo bianco tutto questo sovrappiù di pietà, mi dico.
E collego: penso agli uomini-gatto e a quelli-topo; a chi è sempre a caccia e a chi è eternamente braccato. In comune hanno che entrambi sono drasticamente soli. E le solitudini si assomigliano tutte, almeno un po'.

Tempo fa, un politico, amico di amici ed ex potente in fase di riciclo, mi invitò a cena: sapeva che avevo un lavoro precario e mi  disse che doveva parlarmi di un progetto. Per farlo sentì il bisogno di stare davanti a una bistecca ai ferri, va da sé. La mia fragilità lavorativa mi metteva nelle condizioni di essere una 'preda' appetibile: ne avevo estrema consapevolezza. Eppure compresi subito che, tra i due, non ero io la più debole quella sera: lo eravamo entrambi, semmai, e se solo avessi voluto, avrei risposto sì al suo invito silenzioso, a quella richiesta muta ma esplicita di scambio di 'favori'. Ecco, se avessi accettato, avrei giocato una partita impari: ma nell'attesa, chi era il cacciatore e chi la preda?
Penso, allora, mentre torno al mio gatto e al mio criceto, che la loro sia, in fondo, una storia piena di cliché: perché nella vita i ruoli non smettono mai di disegnare geometrie variabili, ribaltamenti e colpi di scena. Ora, mi aspetto che il gatto faccia l'assalto alla diligenza, apra la gabbia e che il topino se la dia a gambe, conquistando la libertà e lasciando il felino a bocca asciutta.
Per quanto riguarda la mia storia, non rividi più, dopo quella sera, l'ex onorevole: peccato. Perché votavamo per lo stesso partito, ci dicevamo convinti delle stesse idee e, apparentemente, ci facevano incazzare le medesime cose. Ma eravamo solo un gatto e un topo.

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