Houston, abbiamo un problema

Houston, abbiamo un problema!

Non so cosa sia, se reale o frutto della mente (che sarebbe, dunque, ancora più reale e temibile), ma ogni dieci anni mi succede.

Come a un giro di boa, a una svolta pericolosa, come a un tamponamento che impone una sosta non voluta. A un ingorgo idraulico che non c'è verso che vada giù spontaneamente.
Mi succede di non trovare le parole per l'enormità che sento, di non riuscire a piangere, di sentire terrore per quello che può avvenire.
Non importa che il futuro sia o no realmente terrorizzante: importa il presagio, conta il sentimento di muto stupore che mi anima e mi blocca, come se non ci fosse un domani.



So che questo domani ci sarà, che prima o poi le parole verranno, che il terrore si scioglierà in lacrime, che la solitudine scelta sarà addolcita da una rinnovata intimità.
So che passerà. Ma mi trovo nell'attimo prima di voltare l'angolo: in quel preciso momento che può precedere l'impatto con un altro corpo, lo scontro con la realtà, la scoperta di una strada pericolosa e diversa. Una strada che arriva - dritta dritta - alla fine. Esattamente nel punto in cui tutto termina, non ci saranno più occhi per guardare, lacrime da versare, parole da spendere.

Ho paura di quello che c'è dopo: una paura talmente banale che la tengo per me. Anche perché, vi immaginate?, non sarebbe socialmente accettabile salutare amici e famiglia con un piano: "Sai, da qualche tempo ho solo terrore: che domani sia uguale ad oggi o che sia troppo diverso; terrore di perdere pezzi (dentro e fuori di me), terrore di non esserci e terrore di esserci quando tutto dovesse crollarmi addosso". Il terrore di non riuscire più a sopravvivere a una perdita.

E allora oggi mi sono detta: "Forse, a cacciare gli incubi, basteranno due compressine di valeriana, la sera, prese prima di andare a dormire". Il senso del ridicolo non mi manca e allora, abituata a fare le cose in grande, ho ripiegato su una tisana calmante, in una pacifica e ambiziosa erboristeria periferica, da cui la chimica è stata definitivamente estromessa in tempi lontanissimi.

L'ho appena bevuta, lentamente: me la sono fatta durare un po', coltivando l'illusione di fare una cosa seria e importante per me stessa.
Dicono faccia effetto solo se ci credi davvero.

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