Se non ora, quando? Mai

Cena da amici. Conosco pochissime persone e per la prima mezz'ora decido di starmene muta, in ascolto e osservazione.

La scelta non è difficile: sono tutte persone piacevoli, intelligenti e con diverse cose da dire. Sto bene. In particolare, adocchio una persona: mi piace.
Particolare, brillante, assertiva, per nulla banale nelle cose che dice e in come le dice: sì, decisamente mi piace. Una donna. 
La premessa è doverosa: io sono una dagli "innamoramenti" facili e veloci. Se mi piace un umano lo idealizzo, ne ridisegno i contorni, lo coloro per renderlo ancora più bello. Alla fine, ça va sans dire, è un disastro.

Ma torniamo alla cena.

Che faccio? La studio un po', approfittando della mia mezz'ora di umiltà. Ma sono interrotta dal suo chiedermi, sorridente: "Di cosa ti occupi tu?". Devo rompere la mia (auto)consegna del silenzio, provando a spiegare, rappresentare, raccontare le mille parti che compongono il (misero) tutto, al prezzo di uno spreco di parole, parentesi e incidentali che se ci penso ancora oggi, arrossisco dalla vergogna (quando vuoi fare bella figura e non ne hai le carte, diciamocelo - del tipo: un lavoro fichissimo, pagato benissimo e super stimolante - devi spenderti in una parabola verbosa che ti sputtana alla seconda frase!).


Le faccio simpatia (pena? tenerezza? buona educazione? la risposta arriva, in tarda serata) e rotti gli indugi, mi lancio: siamo sedute lontane ma ogni tanto mi inserisco con una battuta, una risata, una domanda anche nella conversazione parallela che - per comodità - la vede coinvolta con i commensali più prossimi. Ascolto quello che fa (fico!), ha fatto (fico!) e farà (mi devo ripetere?).
A un certo punto, ci alziamo: io scherzo oramai un po' con tutti, ma lei continua ad essere la persona che mi piace di più, forse per un'affinità presunta, perché le donne toste mi piacciono da morire, perché le sue origini costituiscono un pregiudizio positivissimo e pesante.

Ed ecco arrivare anche la parentesi del "se-non-ora-quandismo": tutte contro il "nemico" (maschio, porello) reo di aver espresso un pensiero un po' troppo manicheo, decisamente poco à la page. Lo massacriamo di parole, letteralmente: lui fa fatica a intervenire ancora, a provare a spiegare il perché e il per come. 

Ormai siamo forti di una solidarietà presunta, oltre che divertite dalle oscenità che i discorsi sul potere inevitabilmente partoriscono: la serata volge al termine. Lei non mi fila granché ("chissà perché, poi: in fondo, non si può forse diventare amiche nel giro di un'unica cena? anche a quasi quarant'anni! eccheccazzo!"...) ma nutro in fondo l'dea che sia troppo intelligente, aperta e sicura di sé per non "riconoscermi" ("mica è un maschio che vuole solo portarmi a letto", mi dico!). 

È tardi e uno degli invitati offre a entrambe un passaggio. Ecco che in macchina, lei mi rivolge la seconda domanda di tutta la serata: "Ilaria", mi chiede, "come hai conosciuto x?". X è l'ospite, il padrone di casa. Io glielo spiego, anche qui, sprecando un mucchio di parole: raccogliendo testimonianze, risalendo nel tempo, ricostruendo i particolari, manco fosse un giudice e io l'imputata. Lo faccio, con un sentimento di stupore, dovuto alla manifesta oziosità della domanda (tra l'altro, assai ritardataria rispetto alla tempistica...). Cocciuta, prima che lei scenda, al momento dei saluti, le faccio: "Sono contenta di averti conosciuta, magari ti seguo su Twitter e prima o poi ci becchiamo!". 

Ed Ella rispose: "Ma sì, teniamoci in contatto attraverso X!". Io vorrei ribattere: "Ma perché attraverso X? non abbiamo fatto già una rivoluzione insieme? non eravamo solidali, sim-paticamente collegate?". Invece taccio. Adieu.

Il giorno dopo, aderendo toto corde al mio disegno, divento una sua "follower": lei mi ignora, mentre twitta allegramente con l'universo mondo. Non un segnale di virtuale reciprocità, non un cinguettio per educazione.

'Sta stronza: mi arrendo. Smetto di seguirla e fanculo alla solidarietà di genere: la prossima volta la rivoluzione ve la fate da sole, io mi alleo con la retroguardia.

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