La farfallina di Belen e la libertà di cambiare canale

La farfallina di Belen Rodriguez appassiona gli animi più depressi e vivacizza il dibattito pubblico e privato di questi giorni: non solo, e ci sta, quello maschile – che clichè vuole: avvinto, inebetito, da encefalogramma piatto – ma soprattutto quello, indignato, di opinion leader e custodi della moralità pubblica.
In principio, ha tuonato Lucia Annunziata: “Belen è bellissima e simpatica ma certo quel suo sventolarsi la gonna è stato più sconvolgente del sermone di Celentano”.
Un passo indietro. Lo sventolamento ha, infatti, sollevato l’atroce dubbio che la showgirl non avesse indosso le mutandine – sì, avete capito bene – dal momento che il tatuaggio dell’insetto tanto caro a Silvio Berlusconi (ricordiamo che l’ex presidente del Consiglio amava regalare a Olgettine e dintorni, spille e spillette a forma di farfalla), è posto su centimetri di pelle, generalmente, coperti dall’indumento intimo.

Poi è toccato al blog al femminile del Corriere della sera, La ventisettesima ora che oggi pubblica una lettera rivolta al presentatore del festival di Sanremo, Gianni Morandi, dal titolo “Ma sulle donne cambiate copione”: “Ci siamo trovate rinchiuse in una scatola machista e stereotipata, soffocate da una sceneggiatura vecchia, troppi sottintesi, troppe battute da caserma. La questione, lo avrà capito, è legata (anche) alla farfallina”.
È cascato, quindi, a proposito l’intervento critico pronunciato da Elsa Foriero proprio in queste ore. Il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, con delega anche alle Pari Opportunità, ha così motivato il proprio distacco dal piccolo schermo: “Mi sono spesso sentita offesa dai programmi mandati in onda, credo che la televisione abbia dato spesso cattivi esempi”.
Ciliegina sulla torta: ispirata dalla Fornero, Patrizia Mirigliani, patron di Miss Italia, ha fatto un importante annuncio: “Le finaliste che vedremo in tivù a settembre non indosseranno né il bikini né il costume intero. Men che meno la lingerie”.
E così sia (ma anche così via).
Ora che lo shock provocato dalla “farfalla di Belen” ha ormai dispiegato tutti i suoi effetti, a mente lucida, varrebbe la pena di interrogarsi su quali aspettative coltiviamo prima di assistere a questo o quel programma. Se si confrontino con la realtà oppure siano pericolosamente staccate da essa. Ancora: potremmo chiederci, inoltre, se non sia una battaglia persa in partenza quella che passa attraverso il numero dei centimetri di pelle scoperti. E quello che rappresentano, certo.
Perché a me tutto questo discutere del corpo delle donne non convince: mi sembra un atteggiamento esattamente speculare alla scelta di mettere due stangone con lo spacco accanto a un manichino brillante coi capelli finti, stile Morandi. Non mi convincono le donne (intellettuali e non) indignate per il modo in cui il nostro corpo è proposto, esposto, coperto, scoperto, utilizzato, proprio come una merce (e non necessariamente da una tv confezionata da maschi).
Per la mia sensibilità, se una donna – una bellissima showgirl – fosse pagata e, dunque, decidesse liberamente, di dare un messaggio alla nazione, completamente nuda, utilizzando il proprio corpo come veicolo per “creare scandalo” e provocare, sarebbe libera di farlo. E non discetterei, dopo, su quale sia il modello pseudo-culturale che chi l’ha pagata ha voluto far passare.
Se il mio pudore ne fosse ferito, cambierei canale. Semplicemente. Ecco cosa faccio per difendermi dal milione di cazzate che ogni giorno mi bombarda e dalla vista di cosce e seni debordanti, quando mi infastidiscono: una cosa banale, impugno il telecomando e faccio zapping. Perché non posso pensare che in quel contenitore che è la televisione, quella carta straccia che spesso sono le riviste, io possa trovare quello che cerco, possa vedere e leggere quello che mi aspetto. Mentre sono ben felice di scegliere quello che mi piace, mi alleggerisce, oppure mi fa pensare; ad esempio, mi dà soddisfazione utilizzare la carta dei giornali per pulire i vetri quando non voglio conservarli e tenere per giorni la tv spenta quando non c’è nulla che valga la pena di vedere.
Fino a quando sprecheremo le nostre energie a parlare della farfallina di Belen, a indignarci per i sermoni sconclusionati del predicatore de’ noantri, non ce ne resteranno a sufficienza per le battaglie serie. Che riguardano la nostra libertà di non scegliere quello che non ci piace e di scegliere quello che ci va. Perché domani, qualcuno che non siamo noi, potrebbe decidere che le donne debbano andare in tv coperte dalla testa ai piedi, e lì che faremo? La battaglia per svestirle? Intanto, ora, becchiamoci il vicedirettore generale Rai, Marano, che su Belen ecumenicamente chiosa: “Eccessivo, ma è tanto bella”.
Essere padroni del nostro corpo, secondo il vecchio refrain, significa anche dire sì al manager che ci paga profumatamente, per far vedere le mutande. E se a noi fa schifo, ci fa venire la nausea, abbiamo due possibilità: cambiare canale oppure prendere una pasticca di Plasil.
(micromega.it)

Commenti

  1. gentilissima Dott.ssa I. Donatio mi complimento per il Suo blog poco moralista ma molto intellettualmente raffinato e pregno di osservazioni acute e sofisticate e ben stemperato da ironia al femminile che apprezzo moltissimo.. circa belen e la sua farfalla (ogni sottinteso poi dovrebbe essere contenuto nei limiti del buon gusto ma dopo anni di berlusconismo il buon gusto è divenuto pura cafoneria!) francamente mi coinvolge poco e nulla, eppure chi Le scrive, da Uomo e da Artista, ha anche perseguito ipotesi suggestive di figurare possibili mertamorfiche uteriche, ma sarebbe lunghissimo articolato discorso.. per mail, e mi scuso per eventuale invadenza, Le invierò delle mie imago sul tema e un invito ad aderire a "ex libris", cordialmente
    r.m.

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