Può succedere che...

L’altra sera, ero in metro, come al solito seduta nell’ultima carrozza semivuota. Eravamo solo io e un’altra ragazza di fronte a me. Lei piangeva come se fosse invisibile e non temesse sguardi indiscreti. A tratti singhiozzava.
Anni fa, successe anche a me, mentre ero in un autobus stracolmo: un dolore prepotente non è mai schivo. Se ne fotte di trovare luoghi e tempi opportuni ed esce fuori quando gli pare. Ricordo che in quel momento, avrei voluto che si spalancasse, sotto di me, una botola, per scomparire e togliere dall’imbarazzo me e il mio ‘pubblico’. In questi casi, più ti dici, “cazzo, calmati, la gente ti sta guardando”, e più le lacrime scendono copiose. Ripensavo a tutto questo mentre, di tanto in tanto, tenevo d’occhio la donna: il suo pianto mi aveva provocato un’ansia quasi fisica e per quanto mi sforzassi, non riuscivo a fare a meno di controllarla. Mi aspettavo persino qualche gesto eclatante. Come era inevitabile, a un certo punto, i nostri sguardi sono inciampati l'uno nell'altro: ci stavamo controllando a vicenda.Ma mentre io ero in evidente imbarazzo e, stupidamente, cercavo di fare la vaga, lei inizia a fissarmi e, contemporaneamente, ancora a piangere, soffiarsi il naso, ad asciugarsi il viso. Ero a un passo dal rivolgerle la parola: l’unica domanda, banale, che mi veniva in mente era, “hai bisogno di qualcosa?”, oppure, “vuoi altri fazzoletti?”, quando, prima di arrivare a Termini, lei si alza. Si avvicina alle porte e dunque a me che ero seduta accanto all'uscita. Mentre il treno frenava la sua corsa , sento questa che mi sussurra: “vaffanculo”. Io che fin lì, a stento, avevo trattenuto l’emozione e che stavo vedendo un altro "film", ho immediatamente ricacciato tutto dentro. Ho respirato e risposto “idem”. Ma era già lontana.

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