Dalla “centrale” di Springfield all’atomo spagnolo: viaggio attraverso l’(eterno) incantesimo italiano


Come Homer Simpson

Su Facebook esiste un contatto che ha un nome lungo un’intera frase: “Vorrei lavorare in una centrale nucleare e fare come Homer Simpson…dormire”. Esilarante. Soprattutto perché l’autore, uno studente di scuola media che vorrebbe dormire di più, cita una cosa così lontana dalla sua realtà di adolescente, com’è una centrale nucleare (e una centrale in Italia!), dove lavora come capo della sicurezza (!) proprio Homer Simpson, l’antieroe per eccellenza. L’impianto, Springfield è il nome di fantasia, è (naturalmente) teatro di incidenti e stupidaggini incredibili, tanto da essere in totale dissesto e generare pesante inquinamento per la città.

Ora, il produttore dei Simpson è andato a girare un documentario all’interno di una vera centrale, quella di Grand Gulf del Mississippi per confrontarsi con i lavoratori e verificare se il punto di vista espresso dai personaggi della serie non distorcesse eccessivamente la realtà. Chapeau! Naturalmente, non ci attendiamo chissà quale cambiamento nella politica editoriale della serie più politically uncorrect che ci sia, ma possibilmente fonti di diversa ispirazione. Come quelli forniti dalla realtà che offre molteplici spunti.

I cugini spagnoli

Alla fine i voti del Psoe, i socialisti spagnoli, hanno bloccato il progetto di installazione dell’Atc, il Magazzino Temporaneo Centralizzato di scorie nucleari, nella regione autonoma di Castilla-la-Mancha. Lo ha scritto, El Mundo, dopo l’esito del dibattito avvenuto in seno al consiglio regionale della comunità autonoma. Ritirate, dunque, tre delle undici candidature e precisamente quelle di Yebra (Guadalajara), Villar de Cañas (Cuenca) e Villar del Pozo (Ciudad Real). E ieri si è aggiunto lo strano “pentimento”, riportato dal quotidiano spagnolo, del sindaco (socialista) del comune di Campo San Pedro (nella regione autonoma di Castilla e Leon): il primo cittadino nega che la propria candidatura si sia perfezionata, “sebbene”, assicura, “l’avrebbe desiderato”

La notizia che ben dodici comuni (diventati in corso d’opera undici, per il ritiro del municipio di Santiuste e le relative dimissioni del sindaco del Pp, messo in minoranza) si fossero candidati a ospitare un cimitero temporaneo di scorie nucleare, aveva fatto molto rumore lo scorso 29 gennaio, termine di scadenza del bando, pubblicato il 23 dicembre dal Ministero spagnolo all’Industria, Turismo e Commercio (“Boletín Oficial del Estado”) per la “selezione dei municipi candidati”.

La valanga di soldi promessi dal bando (700 milioni di euro di investimenti) e posti di lavoro (per la costruzione dell’impianto se ne prevedono circa 300 nei primi cinque anni, con punte di 500) fanno davvero gola a questi minuscoli comuni rurali, piegati dalle conseguenze della crisi economica, da problemi di spopolamento e dall’invecchiamento della popolazione. E la prospettiva di ospitare, sul proprio territorio, un mega silos (che si estenderà su una superficie di 13 ettari e che esiste già in Francia, Regno Unito, Ungheria, Stati Uniti e Olanda) dove depositare le scorie, è stata vista immediatamente come un’opportunità, anzi, come “la” soluzione di molti problemi. E a giudicare dalla bilancia costi-benefici, il rischio (percepito) per la salute degli abitanti (elemento fondamentale per la realizzazione di qualsiasi progetto, e indipendente dalle garanzie che ciascun governo è in grado di offrire) è stato azzerato dalla certezza delle compensazioni offerte (che si calcolano in alcuni milioni di euro ogni anno). Tutto lineare, trasparente e pubblico. Nonostante i dibattiti della politica.

Come statue di sale

Si sa, l’atomo è un invito a nozze per il solito battage dei partiti: la contrapposizione tra socialisti e popolari in Spagna riflette quella italiana, in piena campagna elettorale per le regionali. E qui si respira aria di attesa tanto che anche candidati politicamente schierati a favore del sì all’atomo (ad esempio la Polverini che corre per la poltrona di governatore della Regione Lazio), imboccano la strada della prudenza e della cautela. Insomma, è come se tutti stessero giocando al famoso ‘chi ride per primo’: facce immobili, scrutanti, ben attente a non fare il minimo gesto, ché le squalificherebbe subito dal gioco. Statue di sale e per di più imbarazzate. Intanto, attraversiamo da anni un infinito stand-by che ci fa perdere tempo, risorse, innovazione e ritarda la ricerca.

Fino ad ora, solo tre regioni hanno detto sì al nucleare, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Lombardia, sollevando un coro di proteste dall’opposizione, che per l’occasione sfodera le (poche) idee chiare che ha almeno su un argomento, e accusa: “Avrà devastanti conseguenze per la salute delle persone e l’integrità del territorio”. Amen.

L’essere ‘pro o contro la qualsiasi’ sembra essere, oggi, l’ultima occasione di ‘lotta’ politica, di contrapposizione dura tra opposti schieramenti. Ma in gioco non è tanto (e quasi mai) il (fantomatico) bene comune (perché in questo caso, non ci sarebbe molto da discutere), quanto spesso il desiderio di far valere gli interessi della parte che si rappresenta: la presunta ‘bontà’ delle ragioni del no (no Tav, no nucleare… ) contro la ‘cattiva coscienza’ di quelle del sì. E quando entrano in gioco i temibili spiriti animali, la battaglia diventa irrazionale e a perdere sono sempre i cittadini.

Secondo i dati del Nimby Forum, sono 190 le infrastrutture e gli impianti, a essere oggetto di contestazioni. Ma in discussione, non è tanto la sindrome Nimby (not in my backyard) quanto il meno noto effetto Nimg (not in my generation), che porta alla netta opposizione a qualsiasi cambiamento nel proprio tempo, passando il testimone della sfida alle generazioni future. Quando probabilmente sarà troppo tardi.

Che cosa si può fare per mettere sullo stesso piano progresso e tutela del territorio, interessi pubblici e privati, impresa e governo, sviluppo e sostenibilità? Potrebbe sbloccare la situazione, come propone il ministro Scajola, la scelta di togliere potere in materia di energia alle regioni? Non si può immaginare di imporre al territorio una tecnologia che non è condivisa. Ma non si può neppure credere di giocare a mosca cieca per un tempo infinito. Perché è la politica che blocca la politica, che stabilisce regole e le cambia un attimo dopo, che gioca su entrambi i campi. Mentre noi altri stiamo a guardare. Cosa? Il simpatico Occhione, il pesce con tre occhi dei Simpson, mentre sguazza allegramente per le acque (inquinate) di Springfield.

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