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Visualizzazione dei post da giugno, 2012

Balo come King Kong e le scuse ridicole

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Mario Balotelli raffigurato come King Kong appeso al Big Ben e bersagliato da palloni che lo investono come missili, quelli della Nazionale inglese: questa la vignetta a firma di Valerio Marini, pubblicata ieri sul quotidiano sportivo più letto d’Italia, la Gazzetta dello Sport. Su Twitter, immediatamente, segue un coro di cinguettii di protesta, molti chiedono il boicottaggio del giornale rosa. L’attaccante del Manchester City, che indossa l a maglia numero nove della Nazionale italiana, di origini ghanesi ma preso in affidamento da una famiglia bresciana, è da sempre molto criticato a causa del suo brutto carattere. Il repertorio è tristemente ricco: si va dai banali “buu” al lancio delle banane, da “Balo negro ed ebreo” a petardi e saluti nazisti. Il suo ingresso in campo, durante la penultima partita agli Europei 2012, quella contro l’Irlanda – la stessa contro cui segna il 2-0 in mezza-rovesciata – viene accompagnato dai fischi del pubblico. L’Uefa apre s

Se un passato a luci rosse fa scoop

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Ogni tanto, in Italia, un giornalista pubblica uno scoop-che-non-è-più–uno-scoop da molto tempo, eccetto, apparentemente, per il giornale che lo ospita. È accaduto anche ieri quando, per il decimo anno consecutivo, abbiamo tutti letto , condiviso e ritwittato la storia “piccante” che vede come protagonista la capo ufficio stampa dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – ente sotto la vigilanza del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – con un passato di “bella e talentuosa attrice di film erotici e soft-porno”. Questa, la non-notizia lanciata da Il Fatto Quotidiano , perché – si spiega – “i precari dell’INGV protestano contro la loro collega”. Si tratterebbe di 270 degli ottocento ricercatori che, a causa dei tagli operati ai fondi per la ricerca dall’ex ministro Gelmini, lavorano senza contratto e, dunque, hanno più di qualche motivo per essere incazzati. E cosa fanno?

La crisi è anche crisi di libertà

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Pensavo alla crisi ieri. Ne parlavo con un'amica: le dicevo di quanto tutto sia diventato difficile, di come sia impossibile mettere soldi da parte e semplice indebitarsi, e che per fortuna c'è la 'famiglia' d'origine a sostenere noi ex-giovani a caccia di futuro, lei sì che funziona veramente come forma di welfare alternativo... La mia amica, che faceva sì con la testa e mi comprendeva davvero, è appena uscita fuori da due anni di cassa integrazione e l'hanno richiamata in azienda da poco, al prezzo di andar via da qui e fare su e giù ogni settimana. A 48 anni. Parlavamo fitto, e facevamo di conto, quando incontriamo lei, F., giovanissima ragazza madre, sudamericana, amica di quartiere: vive con la figlia in casa di un signore che assiste e che in cambio dà loro vitto e alloggio. Ma da qualche settimana F. si sente poco bene: è gonfia, ha la pressione alta, si sente depressa, non ha le forze, le gambe non le reggono. Mentre ce lo racconta si mette a piange

Famiglie

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Ci sono parole che smuovono macigni, sciolgono ghiacciai come fossero nodi, provocano realtà più dei fatti, e creano cambiamento. Una di queste, per me, è famiglia. Quando ce l'hai in ordine, ciascuno al proprio posto e nessuno che manca all'appello, famiglia è quel posto da cui vuoi allontanarti. Dove accetti di tornare per un tempo sufficientemente limitato da permettere partenze commosse e voglia di altri ritorni. E in cui trascorri sereno e al sicuro il tempo di preparazione alla vita. Ma quando qualche pedina del tuo presepio personale salta troppo presto, o si perde per strada senza più fare ritorno a casa (neppure quella della memoria),  allora l'affare si complica e il tuo destino è segnato:  "famiglia" diventa chiunque ami.