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Visualizzazione dei post da maggio, 2012

Avvenire da non credere: contro femminicidi può solo la fedeltà

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Un’altra donna è morta, uccisa per mano del proprio uomo, entrambi di origini indiane, perché “vestiva all’occidentale”: motivazione ricorrente nei “femminicidi” che coinvolgono coppie (o famiglie) provenienti da paesi culturalmente condizionati da forme di integralismo religioso. In realtà, se leggiamo un po’ di rassegna stampa dedicata alle donne ammazzate solo nell’ultimo anno – interessante, a questo proposito, l’inchiesta curata dal blog del Corriere “La 27ora: che dà la parola agli uomini - l’idea che emerge è che “ ci sono ancora i padri-padroni, che s’aggrappano con la forza dei loro muscoli alla tracotanza di un potere millenario e anacronistico. C’è una minoranza di uomini con disturbi psichiatrici, che andrebbero diagnosticati e curati. Ci sono gli irriducibili che picchiano, schiavizzano, in alcuni casi uccidono e non si chiedono nemmeno il perché”.

Cos'è successo a Brindisi?

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Coincidenze. Il tempo che a volte si accavalla e crea nodi inaspettati. Ieri mattina ero in un paesino vicino Brindisi, poco dopo che quelle maledette bombe a gas esplodessero, lacerando per sempre la vita di Melissa, e portandosi via pezzi di molte altre. Chi può voler male a delle ragazze sedicenni, mi sono chiesta subito. Il pensiero è andato al passato: agli anni di tensione trascorsi al paese, uno dei tanti della vasta provincia salentina. Allora, conoscevo i volti di alcuni dei componenti della Sacra Corona Unita, la mafia pugliese: semplicemente perché li incontravo passeggiando per le strade del paese. Alcuni erano parenti di persone scomparse in casi di lupara bianca, altri erano amici di amici, giovani presi in trappola, ragazzi allo sbando: erano l’ultimo anello dell’ingranaggio, poco più che reclute, dediti al traffico di droga o all’estorsione, e attivi su tutto il territorio, specialmente in quello brindisino.

Omofobia: nessuna buona notizia

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Prima di visitare il sito dell’Istat per leggere i dati raccolti nell’indagine sulla popolazione omosessuale in Italia, oggi - giornata internazionale contro l’omofobia – commetto l’errore di dare uno sguardo a due articoli di sintesi, rispettivamente su la Repubblica e sul Corriere. La tesi proposta sul quotidiano diretto da Ezio Mauro, sarebbe quella che nelle cifre presentate dall’Istituto di statistica - il campione è di 7725 famiglie italiane distribuite in 600 comuni - si anniderebbero molte buone notizie: una sorta di “narrazione parallela” circa l’esistenza di un sentimento popolare che, pur in assenza di diritti formalmente riconosciuti, appare evoluto e progressista.

Io, un progetto a termine

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Tra qualche giorno mia madre compirà 71 anni. Il suo invecchiare è il principale indicatore anche del 'mio' tempo. Soprattutto della provvisorietà di cui lei è diventata negli anni una testimone muta, perché ha smarrito oramai le parole per spiegarla anche a se stessa. Questa precarietà la porto con me come una colpa: mia madre non la comprende fino in fondo, perché è intrisa di quella tipica, severa, ignoranza di chi ha avuto per una vita il posto fisso, una stabilità scontata, conquistata a ventiquattro anni, prima di essere - nell'ordine - moglie e madre.

La verità in "Sex and the City" (eh sì)

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Avete presente l'episodio di "Sex and the City" in cui la rossa Miranda dice una cosa saggia come potremmo aspettarcela solo dal Dalai Lama? Io credo che la strega di Hansel e Gretel sia stata calunniata: la poveretta si costruisce la casa dei suoi sogni, quando arrivano quei due mocciosi e... cominciano a divorargliela.  L'ho amata Miranda perché - in ritardo rispetto alle mie coeve - mentre mi godevo la replica della serie tv che avevo sempre snobbato (io-sia-maledetta) per invidia e perbenismo, e per un pudore di ritorno un po' malsano, stavo proprio ragionando sulle verità capovolte, e su quanto (e con quale slancio), invece, siamo tutti propensi a credere alle favole: quelle che partono con "C'era una volta" e si chiudono infallibilmente con "...e vissero felici e contenti".

Comunione e autoassoluzione

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Ho dovuto rileggere ben due volte la lettera firmata da Don Julián Carrón, presidente di Comunione e Liberazione, pubblicata ieri, a pagina 11 – con un richiamo in prima, taglio basso – su la Repubblica . Due volte, perché la prima è servita a decodificare il famoso lessico ciellino: se non sei uno di loro è difficile orientarsi tra un “carisma” e una “sequela”; ma se poi pretendi anche di leggere tra le righe, allora devi spenderci un po’ di tempo. Sì, perché la Fraternità risulta assai poco fraterna con chi sta fuori (ma questa non è una novità), tanto che occorrerebbe un piccolo dizionario dei sinonimi e dei contrari, confezionato apposta per chi non è, per l’appunto, “alla sequela di don Giussani” (il fondatore del movimento e candidato alla canonizzazione).

Non importa che sei un cane

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Non importa che sei un cane: quando ti ho visto sparire dietro il viale, all'inseguimento ostinato (come sei tu) di quella dannata macchina, ho pensato che non ti avrei più rivisto. Mi sono messa in macchina, sperando di trovarti nel castagneto vicino, o nella piccola valle che riuscivo a coprire con lo sguardo: non c'eri. Poi, presentimenti e paure hanno avuto la meglio: ti vedevo coricato di lato, tramortito, sulla strada provinciale, tutta curve, che circonda il lago. Quella che, nell'inseguimento insensato della macchina, forse avevi preso. Ho iniziato a singhiozzare: mi sono detta, 'cavolo, non piangevo così - come una bambina - da quando se n'è andato mio padre, sempre per colpa di una macchina che si è schiantata dietro la "curva della morte"'.