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Visualizzazione dei post da novembre, 2011

Lentamente muore?

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Quanto mi ha esaltata, negli anni, questa poesia di Martha Medeiros . Quando guardavo negli occhi la resa, a pochi passi da me, mi ritornavano in mente questi versi: Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,  chi è infelice sul lavoro,  chi non rischia la certezza per l'incertezza  per inseguire un sogno,  chi non si permette almeno una volta nella vita  di fuggire ai consigli sensati.

Frasi omofobe

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Il primo è stato Antonio Di Pietro a cui, si sa, piace molto parlare per metafore: quando, il 10 novembre scorso, il leader dell’Idv ha preso posizione sul governo Monti, per rappresentare al meglio il proprio pensiero, Tonino ha pescato nel repertorio figurativo di competenza, un’immagine tanticchia omofobica: “Pd e Pdl”, ha ammonito , “dopo uno o due mesi, si accorgeranno che non possono stare insieme, visto che due maschi in camera da letto non fanno figli. Non appena si è reso conto dello scivolone, anche perché intanto fioccavano le proteste dell’associazionismo gay, si è subito scusato, liquidando la propria espressione come “infelice” e “involontaria”. Il secondo è stato il “Responsabile” Domenico Scilipoti, diventato berlusconiano di ferro dopo essere stato deputato dell’Italia dei Valori.

Vitalizi e...rosicamenti

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Alcuni anni fa, scrivevo per un piccolo periodico di approfondimento: la redazione era composta da una manciata di persone a tempo pieno e, di tanto in tanto, si occupava della raccolta pubblicitaria della rivista una ragazza molto carina, quasi sempre sorridente, sempre indaffarata, che andava e veniva in ore diverse e in modo assai discontinuo: spuntava improvvisamente a metà o a fine giornata per scomparire per giorni, senza farsi raggiungere neppure telefonicamente. A me era molto simpatica: mi piaceva l’idea che dietro la sua leggerezza, quegli abiti femminili e griffati, ci fosse dell’altro. E credevo di scorgerlo nei suoi occhi che diventavano improvvisamente tristi e nelle sue eclissi continue. Quella routine venne rotta un pomeriggio, quando arrivò in redazione un enorme fascio di fiori, a cui noi, ragazze semplici , guardammo con lo stesso sospetto con cui la volpe, nella favola di Fedro, guardava all’uva: disprezzando quello che non avremmo potuto avere. Non

Facili generalizzazioni

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Sulla stampa internazionale è tutto un tripudio di commenti all’indomani delle dimissioni di Silvio Berlusconi: su alcuni – per la verità – sarebbe stata auspicabile una sana autocensura. Ad esempio: l a Repubblica di oggi, a pagina 16, ci propone un estratto degli sguardi che ci giungono dal mondo in queste ore. E forse perché estremamente condensato, il pensiero di alcuni intellettuali e commentatori esteri sulla capitolazione dell’ex presidente del Consiglio, appare un po’ banale, oltre che arrogante. Tra Bill Emmott, ex direttore dell’Economist e Nicolas Demorand, direttore di Liberation, spunta – in taglio basso, centrale – l’intervento di tale Jane Kramer, corrispondente per l’Europa della prestigiosa rivista Usa, New Yorker.

Lo dovrò dire al mio analista

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Chi ha visto, giovedì sera, il nuovo programma di Michele Santoro “Servizio Pubblico”, avrà anche seguito l’intervista a Chiara Danese, una delle ragazze portate dal direttore del Tg4, Emilio Fede, ai festini di Arcore. Chiara dice di essersi sentita male nell’assistere a spogliarelli e palpeggiamenti, ai corpi seminudi di finte infermiere, tutte lì riunite a celebrare l’impotenza del presidente del Consiglio e a guadagnarsi un posto nella sua tv spazzatura. Chiara non se l’aspettava, ha voluto credere alla versione di una cena elegante a Villa San Martino e, dopo una primo momento di imbarazzo – al prezzo di alcune toccatine sul sedere a cui non ha saputo reagire – ha voluto andar via, accompagnata da un Fede tranquillizzante e falso come un rolex napoletano.