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Visualizzazione dei post da settembre, 2011

Viaggio in Sicilia. Mentre l'Italia affonda

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Attraverso la campagna siciliana in lungo e in largo: vigneti e uliveti. Li seguo fino al mare e poi risalgo la collina. Osservo, presa in ostaggio da una nostalgia resistentissima, e riempio i polmoni di quest'aria odorosa e densa, e la vista di colori che neppure ricordavo esistessero. Poi passo indenne attraverso lo sguardo di facce bruciate che mi osservano scettiche, e la bruttezza delle case abusive, dolorose come un pugno in pieno stomaco. Mi faccio attraversare, a mia volta, dalla sensazione che "sull'isola non è come sul continente": tutto sembra lontanissimo. Soprattutto i racconti della pornografia intercettata di palazzo. Qui, invece, tutto pare esposto. Eppure riesco a cogliere, a ogni angolo, contrada, casa colonica, un segreto che sa essere anche dignitoso e fiero.

Il vento mi prende a schiaffi

La spiaggia è semideserta, con un'ipotesi di sole e un vento che mi schiaffeggia senza tregua, con l'unico vantaggio di farmi restare vigile. In ascolto della voce del mare. Mi vesto, tanto ho freddo: se sopportassi meglio quest'aria aperta, riuscirei a gustarmi la mia pelle che finalmente respira. E invece, devo constatare che ho bisogno di coprirmi. Di mettermi al riparo. Ho voglia di una mediazione che non mi faccia sentire abbandonata a me stessa. In riva al mare. Distesa sul lettino, accanto a un ombrellone inutile, so di essermi circondata da cose rassicuranti: tante cose che stordiscono. Riempiono. Accompagnano. Occupano. Tutto in riva al mare. Così sembra di essere meno sola. Leggo l'ultimo servizio di Fabrizio Gatti sui bimbi chiusi nel centro di accoglienza a Lampedusa. Un ragazzo senegalese pieno di collane di osso e avorio si avvicina. Siede ai piedi del lettino. Scelgo una collana e lui chiede a me da dove venga. Mi fa sorridere: siamo entrambi 'profugh

Soli

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Ogni tanto mi chiedo cosa possa "misurare" realmente la nostra solitudine; con quale ordine di grandezza siamo in grado di darle un perimetro, immaginarne la profondità, valutarne il peso. Da persone integrate, "accompagnate", socialmente inserite, non riusciamo neppure a pensarci sole. Se non per brevi momenti, a singhiozzo, accidentalmente. La prossimità al mondo, al pezzo di mondo che ci riguarda e che spesso abitiamo come tanti galleggianti privi di corpo, ci trae in inganno: crea in noi l'illusione di "essere con" gli altri. E non solo di passargli accanto.