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“100 giorni sull’Isola dei cassintegrati”, storie collettive di resistenza precaria

La presentazione del libro "100 giorni sull’isola dei cassintegrati" – organizzata dalla casa editrice Il Maestrale e dal collettivo Api Operaie – inizia con un’attesa di 45 minuti, rotta dalle parole imbarazzate della moderatrice: “Susanna Camusso non può più venire, non fa in tempo”. La ragione, si scusa la nuova segretaria della Cgil in un messaggio, sono i preparativi in vista della grande manifestazione del prossimo 27 novembre. Organizzata “per i giovani e per il lavoro”. Salta anche, all’ultimo momento, il previsto intervento via skype dell’economista Loretta Napoleoni. Restano solo i lavoratori, dunque, a rappresentare se stessi e le proprie istanze, dietro quel tavolo che li separa dal resto della sala, la bella aula magna della Chiesa valdese romana: soli come sempre, almeno in questi mesi di trattative, di lotte per conservare il posto, di vertenze. Ci sono Pietro Marongiu, operaio Vinyls, Alessandra Carnicella, lavoratrice ex Eutelia, Claudia Bernardi, dottoranda

Opus gay

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Quando ho iniziato a scrivere questo libro sul rapporto tra chiesa cattolica e omosessualità, mi sono sentita in difficoltà. Come giornalista, infatti, avevo già affrontato in passato la questione dei diritti civili e provato a indagare le ragioni della loro costante violazione. Questa volta, però, avrei dovuto interrogarmi e scegliere le parole giuste per raccontare due realtà che, in modo diverso, hanno sempre fatto parte della mia vita. Ma non c’erano parole giuste per descriverle. Solo espressioni limitate che, purtroppo, rischiavano di tradirle. Da una parte la chiesa: ho studiato in una scuola cattolica per otto anni e sono stata, letteralmente, accompagnata nella mia formazione da un prete. Tutti i sabati, con i miei amici, leggevamo la parola e cercavamo di comprendere come farla entrare nelle nostre vite. Dall’altra parte, le persone omosessuali. È davvero strano parlare di loro come se fossero una categoria a sé: ogni volta mi sembra di ridurli a un’etichetta. E di violarne l